La risposta immediata è: “BOH”.
Ma non per il motivo che apparirebbe più ovvio.
Il fatto è che, secondo me, è la domanda ad essere sbagliata.
Quella che io riterrei giusta è
Mi sento pronta/o ad impegnarmi per provare a rendere possibile ciò che al momento mi sembra solo un sogno complesso da realizzare?
Qui mi permetto una divagazione, dalla mia esperienza nel canto verso quella lavorativa, più in generale.
Entrambe, guardando indietro, muovono da una passione. Profonda.
Ma con una fondamentale differenza: riguardando indietro al mio percorso professionale posso dire di aver pienamente seguito l’istinto in ogni passo che ho fatto; praticamente sempre immune da dubbi o tentennamenti.
L’adrenalina di provare nuove sfide era una leva ben più che sufficiente per lanciarmi in scelte che andavano, talvolta, ampiamente contro il comune buonsenso.
Nel canto e nella musica, invece, no.
Anche quando decidevo di “mollare” (se hai letto la mia storia sai di cosa parlo) era sempre un turbinio di notti e giorni popolate da pensieri e paranoie.
Non potevo non interrogarmi sul perché.
Sovrastrutture.
Questa è la prima risposta che ho trovato.
Un bagaglio infinito fatto di aspettative, ansia da prestazione, continue complessità che apponevo sul mio percorso, una dopo l’altra.
Consapevolezza numero uno: il mondo è un luogo che è già stato disegnato (decidi tu da chi, io sono più per la versione Matrix) con un discreto grado di complessità.
Ciò che ci aiuta non è lasciare al nostro cervello libero arbitrio nell’aggiungere entropia, ma trovare modi pragmatici per ridurla.
Troppe domande giuste che non mi sono mai fatta…
Il paradosso: presa dalle mille paranoie, non mi sono mai posta i quesiti più semplici in assoluto.
“Cosa voglio veramente fare? Cosa mi fa stare bene?”
Da persona quadrata e razionale mi sono sempre sembrate questioni “troppo New Age” per me.
In tutta onestà, la penso ancora un po’ così, ma ci sto lavorando.
Consapevolezza numero due: fermarsi, qualche volta, a chiedersi “Come stai?!” non è sintomo di debolezza, ma di cura verso se stessi.
Misurare la nostra (in)soddisfazione verso ciò che ci circonda è il vero carburante per cambiare le cose.
Ricerca di certezze che non esistono.
Sapere di non sapere non è un difetto o una mancanza, ma una grande conquista.
Se conoscete l’effetto Dunning-Kruger, sapete cosa intendo.
Consapevolezza numero tre: io ancora non lo so se ne sono capace, ma, in fondo, è così importante?! Lo si capisce mai davvero?
Ogni giorno lo scenario cambia, noi cambiamo.
Raggiungiamo traguardi nuovi, alziamo l’asticella del successivo passo da fare.
Suona New Age?!
Pare “aria fritta?!
Motivazionale da “Vanilla Sky”?
Vero.
Che rabbia.
Da persona iper razionale.
Scoprire che riflettere su queste cose sia d’aiuto.
Consapevolezza numero quattro: puoi sopravvivere alla tua parte emotiva fornendo a quella razionale una buona dose di insensata leggerezza e trash movies. La Nutella aiuta.